Abbiamo dovuto aspettare cinque anni ma alla fine il tanto atteso sequel di Spider-Man: Un Nuovo Universo è finalmente arrivato. Non era facile ripetere la magia che aveva stregato pubblico e critica, vinto un meritatissimo Oscar, rivoluzionato il modo di fare animazione e trasformato il film in un cult assoluto, ma il team che era dietro tutto questo ha deciso che la soluzione per aggirare il problema era alzare l'asticella.
La trama in realtà è piuttosto semplice: l'incidente con l'acceleratore di particelle che abbiamo visto nel primo film ha creato buchi fra i multiversi, per cui personaggi di un universo finiscono in un altro, rischiando di far collassare tutto. Inoltre, un supercattivo di nome La Macchia (Jason Schwartzman), è deciso a vendicarsi di Miles, reo a suo dire di avergli portato via tutto.
Un plot non complesso ma che riesce a regalarci un intreccio tutt'altro che banale, grazie ancora una volta alla sapiente scrittura dei personaggi, da Miles e Gwen, il vecchio Peter e i genitori di Miles, ma anche ai nuovi, come Miguel O'Hara (Oscar Isaac), tormentato Spiderman futuristico, anche chi compare in una sola scena o poco più viene delineato con grande complessità e la sua personalità è la sua storia entrano subito nella mente e nel cuore dello spettatore. Grandissimo inoltre il lavoro di crescita fatto con il villain, personaggio con un arco narrativo davvero interessante che passa dall'essere quasi un comic relief a una minaccia molto inquietante, il tutto evidenziato da un incredibile uso del disegno e dei colori.
E veniamo a parlare di quella che è senza dubbio la caratteristica più sorprendente del film: l'animazione.
Se pensavate di aver visto tutto nel precedente, ebbene rimarrete stupiti perché Into the Spider-Verse riesce nell'incredibile impresa di essere visivamente ancora più sconvolgente. Disegno, colori, animazione, sono totalmente al servizio della narrazione e riescono a parlare più di quanto farebbero cento frasi, entrando a far parte della sceneggiatura stessa del film. E quindi, se nel meraviglioso prologo dedicato a Gwen Stacy abbiamo un acquerello dai richiami pastello che sfuma e cambia di tono con i sentimenti e gli stati d'animo della ragazza, l'universo di Miles è intriso di colori forti, quasi fluo, molto fumettistico con tanto di riquadri didascalia e onomatopee, mentre il mondo futuristico ha dei richiami molto precisi alla fantascienza più pop. In generale, il mezzo animato è sfruttato pienamente per regalarci moltissimi diversi stili per i molti universi del multiverso, ognuno perfettamente riconoscibile rispetto all'altro. Discorso a parte viene fatto per il villain, la Macchia, che viene rappresentato con un design minimalista suggestivo e tutto ciò che lo riguarda viene animato a matita in modo molto affascinante.
Dopo le poco più di due ore della durata del film, si esce dalla sala quasi frastornati dall'orgasmo visivo a cui si è assistito, commossi dalla storia personale di questi personaggi magnificamente scritti, e con la voglia spasmodica di vedere subito il prossimo. Perché alla fine l'unico difetto di Spider-Man: Across the Spider-Verse è che finisce, è infatti una prima parte e per il sequel dovremo aspettare un anno.
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