La Marvel presenta il suo primo supereroe asiatico, Shang-Chi, e lo fa mettendo in piedi un film che funziona in tutte le sue parti.
Shang, che ha cambiato il proprio nome in Sean, vive a San Francisco dove fa il parcheggiatore insieme alla sua grande amica Katy, anche lei cinese. I due vivono la loro vita sgusciando via tra le pressioni della famiglia e degli amici, con un lavoro che gli piace e serate di sana baldoria. In una giornata che sembra uguale a tutte le altre, Shang viene trovato dai membri dell'esercito dei Dieci Anelli, che vogliono il ciondolo che porta al collo, un regalo che la madre di Shang ha fatto a lui e a sua sorella prima di morire, quando erano ancora piccoli. L'esercito dei Dieci Anelli è agli ordini del padre di Shang, il millenario Wenwu, possessore dei Dieci Anelli. Shang sarà costretto a cercare la sorella Xialing, che non vede da molti anni, e a incontrarsi di nuovo con suo padre, convinto di poter ritrovare la moglie morta nel magico e misterioso regno di Ta-Lo. Shang, insieme a Katy e a sua sorella, dovranno cercare di fermarlo per impedirgli di distruggere il mitico villaggio e mettere in pericolo l'intera umanità.
I rischi di un film che vede per la prima volta un protagonista cinese erano sotto gli occhi di tutti, Hollywood ha sempre avuto qualche problema nel rappresentare la cultura cinese senza cadere in cliché e senza attirarsi addosso accuse di razzismo (a volte anche esagerate), ma la Marvel ha saputo giostrarsi bene su un terreno minato e, nonostante qualche immancabile critica, il risultato è un film che si muove nella cultura e nelle leggende asiatiche, senza dimenticare il lato "supereroistico" e "fumettistico", senza dare la sensazione di passare attraverso una "lente americana".
È una storia di origini ma riesce a discostarsi quel tanto che basta da riuscire a non essere una classica origin story. Quando lo incontriamo, Shang è già Shang, per lui si tratta di un ritorno, un riscoprire chi è per trovare la propria strada. Il personaggio è forte, potente e divertente, ha il pregio di non prendersi troppo sul serio ma senza risultare superficiale. Perfetto il protagonista Simu Liu, riesce a dargli fisicità e il giusto carattere. Molto bene anche Awkwafina, in un personaggio che sembra fatto per lei. Interessante anche il personaggio della sorella di Shang, ben interpretata da Fala Chen, che è protagonista della seconda scena post-credit. In tutto questo però, a spiccare è la presenza di due leggende del cinema cinese: Michelle Yeoh, sempre impeccabile e di grande presenza scenica, e soprattutto Tony Leung, protagonista del film tanto quanto Simu Liu. È davvero un piacere vedere un attore importante, di talento e carisma come Tony Leung in un blockbuster così grande, un film che può arrivare a tutti, in tutto il mondo. Leung è perfetto, incute timore e rispetto interpretando in modo misurato e pacato il ruolo di un uomo spietato, che ha attraversato i secoli assetato di potere, e che è disposto a sacrificare i propri figli per seguire l'illusione di poter riavere la donna che ha amato. Da segnalare anche la presenza, assolutamente spassosa, di Ben Kinglsey nel ruolo di Trevor, il "finto Mandarino" di Iron Man 3.
Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è un film dai tratti semplici ma senza essere scontato, è spettacolare, divertente, visivamente eccezionale, che strizza l'occhio ai wuxiapian, e con quelli che, forse, sono i migliori combattimenti corpo a corpo mai visti fino ad oggi nei film Marvel. Il film cita i Dieci Anelli ma alla fine li lascia quasi ai margini, rimandandoli ai prossimi capitoli (non solo al sequel di Shang-Chi, quindi occhio alla prima scena post-credit), al cuore del film infatti c'è una storia che parla di famiglia, di perdite, della capacità di trovare la propria strada e accettarla. La Marvel ha rischiato e ha vinto, Shang-Chi è un film più che riuscito.
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