martedì 18 settembre 2018

[Spoiler-Free] Bojack Horseman: l'umanità di un cavallo





“A volte sento come se fossi nato con una perdita e ogni cosa buona che ho iniziato fosse gocciolata via lentamente da me e ora non c’è più e non tornerà più dentro di me. Troppo tardi. La vita è una serie di porte chiuse, non è vero?” (BoJack Horseman)







Alcuni giorni fa, su Netflix, è approdata la quinta stagione di Bojack Horseman, una serie di animazione per adulti ambientata in un mondo dove umani e animali antropomorfi convivono senza problemi e il cui protagonista, Bojack, è letteralmente un Uomo-Cavallo, una ex star della televisione ormai in declino che passa la sua vita fra episodi della serie di cui era protagonista e abuso di alcol. 
Apparentemente potrebbe sembrare solo un'altra serie di animazione per adulti, un modo grottesco per mettere alla berlina vizi e idiosincrasie di Hollywood allo stesso modo con cui i Simpson si prendono gioco della società americana, ma in realtà la creatura di Raphael Bob-Waksberg è molto di più che semplice satira e si spinge dove nessuna serie di animazione si era mai spinta, e a dirla tutta nemmeno molte serie live action.




Basta davvero poco, dopo le prime scene del primo episodio, per accorgersi che siamo davanti a qualcosa di profondamente diverso e, in modo paradossale, profondamente umano. Nonostante le assurdità intrinseche in un'animazione così smaccatamente irreale, con animali antropomorfi che interagiscono fra loro e con gli umani in ogni modo possibile, Bojack Horseman riesce a essere reale fino a divenire cruda, sbattendoci in faccia noi stessi, le nostre debolezze, le nostre paure.
Il suo protagonista è depresso e autodistruttivo, affonda in un buco nero da cui non riesce a uscire, stordendosi con alcol, droghe e sesso per non dover affrontare il vuoto che lo attanaglia, dando la colpa del suo nichilismo a un'infanzia infelice e a dei genitori anaffettivi per non dover guardarsi allo specchio e prendersi la responsabilità della sua propria infelicità.
Intorno a lui si muove una gamma di personaggi tutti problematici e reali, esseri umani (o umano-animali) infelici, che tentano di fare del loro meglio per soffocare il vuoto con il lavoro, la protesta, una facciata spensierata che nasconde forse più insicurezza di quanto si possa pensare.
Sarebbe facile andare alla ricerca di un lieto fine, eppure Bojack Horseman non accontenta mai lo spettatore per la via più semplice, e man mano che si va avanti ci si accorge che il lieto fine non esiste, che la vita vera è un'altra e che bisogna comunque tentare di dare il meglio di se stessi, anche quando è difficile.






"Il lieto fine è una cosa inventata da Steven Spielberg per vendere biglietti. È come il vero amore, le Olimpiadi di Monaco. Sono cose che non esistono nel mondo reale. Dobbiamo continuare a vivere guardando al futuro." (BoJack Horseman)






I temi affrontati sono molti: la depressione, l'abuso di droga e alcol, la morte, l'incomunicabilità.






La serie non è mai banale e di volta in volta regala perle di scrittura e, incredibile a dirsi per una serie di animazione, regia, come l'episodio quattro della terza stagione "Fish out of the water", quasi interamente muto, di ambientazione subacquea, struggente nel come rappresenta l'incapacità cronica di Bojack di comunicare il suo disagio interiore, con una comicità dolce-amara molto tipica della serie che sfocia in un finale che strappa una risata liberatoria. O ancora il sesto episodio della nuova stagione, la quinta, che si spinge oltre ribaltando quasiasi regola dell'animazione, fregandosene delle numerose possibilità che questa offre e regalandoci quello che è forse il miglior episodio dell'intera serie, un monologo del protagonista lungo veti minuti, con una sola inquadratura, e una summa sottoforma di necrologio della filosofia della serie.






“L’universo è solo un vuoto crudele e indifferente, la chiave per la felicità non è trovare un significato, ma tenersi occupati con stronzate varie fino a quando è il momento di tirare le cuoia.” (Mr. Peanutbutter)






Migliorando di anno in anno, Bojack Horseman arriva alla sua consacrazione definitiva con la quinta stagione, praticamente perfetta e dolorosa come non mai nell'esplorare il lato più oscuro di Bojack, eppure incredibilmente divertente come solo questa serie riesce a fare, mischiando comicità e dramma senza mai perdere di vista l'umanità.
La sofferente, solitaria, ma sempre speranzosa, umanità di un cavallo.

0 commenti:

Posta un commento