giovedì 1 marzo 2018

Lady Bird - la recensione

Esordio alla regia per l'attrice Greta Gerwig, che confeziona un piccolo teen movie indipendente al femminile in cui a spiccare sono soprattutto le interpretazioni.

Christine sta per compiere 18 anni, va in una scuola cattolica e si sta preparando per andare al college, possibilmente a New York, lontano dall'odiata Sacramento in cui vive. La sua è una famiglia modesta, padre disoccupato, depresso ma comprensivo, e una madre apparentemente dura che si fa in quattro con doppi turni di lavoro in ospedale per pagare la scuola alla figlia. Christine odia la sua vita, odia la staticità della sua città, e odia anche il suo nome, per questo se ne dà un altro, "Lady Bird", costringendo tutti a chiamarla in questo modo.

Quella di Lady Bird è una storia molto autobiografica, Greta Gerwig ha messo parte della sua adolescenza nel film, dalla città (Sacramento) alla decisione di spostarsi a New York, più esperienze che se non sono state vissute da lei in prima persona hanno riguardato amici d'infanzia, questo aspetto autobiografico è evidente nel modo specifico con cui rappresenta i personaggi secondari - l'amica del cuore, la "bella e ricca" della scuola, il primo amore (che poi si rivela tutt'altro), il ragazzo "bello e dannato" ma vuoto - e nel modo in cui racconta le usanze scolastiche.
Il film non ha una vera e propria trama ma racconta, in modo sincero e mai retorico, quel momento in cui spesso i ragazzi, in questo caso una ragazza, si sentono più confusi, indecisi e soprattutto in conflitto con il mondo intero, in particolare con i propri genitori, cioè il passaggio tra l'adolescenza all'età adulta. Per gli americani questo passaggio è più netto e contrassegnato da momenti specifici: la scelta del college che porterà il ragazzo/a a lasciare casa, e il ballo della scuola. Questi due momenti possono arrivare meno a uno spettatore non americano, al contrario del rapporto con i genitori che invece è universale. Ed è proprio in questo aspetto che Lady Bird convince davvero. Il rapporto tra Christine e la madre è il cuore caldo del film, è reale, diretto, mai edulcorato, romanzato o consolatorio.

A dare una spinta essenziale al film è il cast, in particolare le ottime prove di Saoirse RonanLaurie Metcalf. Chi parla di Saoirse Ronan come di una rivelazione sbaglia di grosso, il suo talento è ben noto sin dai tempi di Espiazione, quello che sorprende oggi è la sua maturità. L'attrice irlandese a 23 anni recita come un'attrice esperta, regge gran parte del film sulle sue spalle e lo fa con una naturalezza incredibile. Riesce a essere intensa, divertente, superficiale e odiosa, e a trasmettere tutta l'indecisione e l'instabilità di una diciottenne. La sua è una interpretazione di grande sensibilità e lo dimostra soprattutto nel finale, quando la sua "Lady Bird" torna ad essere Christine diventando davvero adulta. Allo stesso livello l'interpretazione di Laurie Metcalf, mai sopra le righe, perfetta nei panni di una madre lavoratrice, dura e amorevole.

La regia di Greta Gerwig è pulita, dimostra di avere le idee molto chiare, ma la nomination agli Oscar (per quanto faccia piacere vedere una donna nella cinquina dei registi), appare decisamente esagerata, soprattutto vedendo chi è rimasto fuori. Giuste le altre quattro nomination (film, attrice protagonista, attrice non protagonista, sceneggiatura).

Lady Bird non è un capolavoro, non racconta niente che non abbiamo già visto in altri teen movie, ma è un piccolo e grazioso film che è anche una dichiarazione d'amore verso le proprie radici.

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