Un po' documentario, un po' film d'inchiesta, un po' melodramma, il film rimane per tutta la sua durata indeciso su cosa vuole realmente essere, senza riuscire ad andare mai davvero a fondo in nessuna delle tre caratteristiche principali: l'indagine è condotta in modo non sempre chiaro e non è facile districarsi tra nomi, date e luoghi, la componente prettamente giornalistica invece tiene bene ed è solida e sotto questo aspetto Spotlight è uno dei migliori film del genere. Dove però fallisce abbastanza clamorosamente è nella componente più puramente emotiva, in quanto per tutte le due ore non si riesce mai davvero ad empatizzare per nessuno dei personaggi, non si va mai a fondo in una introspezione psicologica, praticamente rimangono degli sconosciuti per lo spettatore, nonostante un paio di volte si cerchi di scuoterlo emotivamente con scene in cui è la loro coscienza più profonda a parlare.
L’intera pellicola è retta e portata avanti dal suo cast stellare e dalle interpretazioni di altissimo livello di Michael Keaton, Rachel McAdams e soprattutto un sempre più istrionico Mark Ruffalo, che dimostra ancora una volta il suo grande talento e la facilità con cui è riesce a spaziare tra i generi.
Non siamo di fronte a un grandissimo film, ma nemmeno a un brutto film, semplicemente Spotlight scorre via senza lasciare mai davvero il segno se non per la portata della vicenda di cui racconta.
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