sabato 18 ottobre 2014

Festival di Roma 2014 - Kahlil Gibran's The Prophet: la recensione

Almitra è una ragazzina vivace e pestifera, ma non pronuncia una parola da quando suo padre è morto. Un giorno segue sua madre, Kamila (Salma Hayek), a lavoro e conosce Mustafa (Liam Neeson), poeta, pittore, filosofo e prigioniero politico, imparando da lui il significato di libertà e amore, seguendolo nel suo viaggio per tornare a casa.


Non era facile adattare Il Profeta di Gibran, perché non è un romanzo, quanto piuttosto un profondo e metafisico percorso attraverso temi quali l'amore, il lavoro e la morte, affrontati con la filosofia e la spiritualità proprie di un filosofo, ma all'interno del film è incredibile come si riesca a percepire le parole e le atmosfere di Gibran fatte immagini. Ben dieci registi diversi si avvicendano, da Roger Alles a Michal Socha, da Joann Sfar a Nina Paley e altri, ognuno con il proprio stile, ognuno con la propria visione di uno dei momenti e dei temi affrontati, in cui si rivedono ispirazioni prese dai più celebri artisti del '900, come Klimt, Munch o Van Gogh, e accompagnati da musiche sempre meravigliose e perfettamente amalgamate alle immagini e alle parole.

Più che una storia è un viaggio, una crescita che la piccola Almitra e gli altri personaggi compiono attraverso le parole di Mustafa, proiezione non troppo velata dello stesso Gibran (alla cui memoria, tra l'altro, il film è dedicato), fino ad arrivare al cuore dello spettatore e a scuoterlo fin nel profondo.
Non era facile adattare Il Profeta ed è altrettanto difficile parlare del film, perché, più di ogni altra cosa, un film del genere va vissuto e sperimentato in ogni sua immagine e nota.

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