venerdì 1 luglio 2022

Elvis - la recensione

Torna Baz Luhrmann dopo ben nove anni dal suo ultimo film (Il Grande Gatsby) e questa volta il regista australiano decide di inserirsi nel filone dei biopic musicali che imperversa negli ultimi anni per raccontare la storia del "Re" del Rock&Roll, il grande Elvis Presley
Lo fa a modo suo, naturalmente, con un film che non è affatto come ci si potrebbe aspettare, se non si è familiari con lo stile rococò ed eccessivo di questo autore, ma che risulta subito appagante per chi invece lo ama.


Il film mette subito le cose in chiaro con un montaggio iniziale forsennato, roboante e quasi soverchiante. Lo spettatore viene subito stordito dalle immagini che si susseguono velocemente, dalla musica, dalle luci e dai colori, chiarendo già dall'inizio, per chi non lo sapesse, cosa ci si appresta a guardare: un film eccessivo, che stordisce esattamente come la musica di Elvis, ma anche esattamente come lo stesso Elvis è stato sedotto e stordito dal successo e, in particolare sembra suggerire il film, dalla figura del Colonnello Parker.
Ed è proprio Parker, interpretato dal sempre straordinario Tom Hanks, a raccontare dal suo punto di vista la parabola del Re del Rock. La sua voce, però, è ambigua e seducente, quella dell'imbonitore, come lui stesso si definisce, e alla fine è lo spettatore stesso a essere forse ingannato, arrivando quasi a trovare simpatico questo sgradevole personaggio che ha irretito Elvis nella sua tela come un ragno.
Nonostante tutto, è comunque la figura di Elvis ad emergere su tutti e tutto, allo stesso tempo fortemente erotica e innocente nel suo perdersi come in trance nella sua musica, a suo agio solamente negli ambienti "black" del soul e del gospel. Il giovane Austin Butler, al suo primo ruolo da protagonista, dà una prova incredibile sia a livello recitativo che vocale, cantando alcune delle canzoni del film. Una nomination all'Oscar per lui sembra quasi scontata e sarebbe pienamente meritata.
 

Se c'è un difetto in questo film è forse una parte centrale un po' lenta rispetto al resto, meno travolgente, che avrebbe potuto essere limata in fase di montaggio accorciando la pellicola di una quindicina di minuti, ma si perdona facilmente considerando quanto inizio e finale siano un vortice forsennato che risucchia lo spettatore per poi risputarlo fuori dopo due ore e mezza di ottimo cinema.
 
Cinema di Baz Luhrmann, beninteso.

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