martedì 4 maggio 2021

Minari - la recensione

È strano che un film sul sogno americano così ottimista venga da un regista di origini coreane come  Lee Isaac Chung, anche se poi a guardare Minari si comprende come, effettivamente, è proprio dagli occhi di chi è arrivato negli Stati Uniti con la speranza di una vita migliore, che quel sogno, può essere raccontato meglio.

La famiglia Yi, dopo aver lavorato in una azienda in California, si trasferisce nell'Arkansas per intraprendere una vita rurale. Fra mille difficoltà e titubanze, e l'arrivo dell'anziana nonna dalla Corea, seguiamo la vita di questa famiglia come tante dal punto di vista preferenziale di David, figlio minore, malato di cuore ed estremamente curioso.


Presentato al Sundance Film Festival, fresco della vittoria agli Oscar per la non protagonista Yoon Yeo-jeong, ed è anche il film che ha guidato la riapertura delle sale, Minari riesce a risaltare per il suo essere semplice e intimo, ma non banale. 

Il racconto di una famiglia, simile a tante altre che arrivano negli USA e che faticano a integrarsi e a trovare la propria strada, non è mai retorico, anzi, se da un lato celebra il sogno americano con grande ottimismo, dall'altro, grazie anche a uno stile molto orientale nei ritmi e nelle immagini, riesce a parlare di radici culturali e affettive. Il Minari, una specie di prezzemolo molto comune in Corea, diventa quindi il simbolo dell'importanza delle origini che ci portiamo dietro e di come queste non siano altro che una ricchezza da piantare ovunque ci porterà il destino.

Davvero ottimo il cast, tra l'altro stupisce in positivo il piccolo Alan Kim, che riesce a reggere spesso la scena anche accanto alla stessa Yeo-jeong. La fotografia e la regia, inoltre, trasmettono emozioni e sensazioni dei personaggi attraverso i paesaggi rurali, che si possono quasi considerare altrettanto protagonisti della storia.


Allo stesso tempo divertente e commovente, Minari è un film che pur senza la pretesa di raccontare una grande storia di immigrazione o di rivalsa sociale, sa entrare nel cuore dello spettatore per semplicità ed emozione.

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