martedì 21 ottobre 2014

Festival di Roma 2014 - Time Out of Mind - la recensione

Time out of Mind di Oren Moverman, candidato all'oscar per la sceneggiatura di 'Oltre le Regole - The Messenger', era uno dei film più attesi, soprattutto per l'inedita performance di Richard Gere che, smessi i panni del sex simbol, veste quelli di George, barbone newyorkese senza famiglia, senza futuro e senza identità, uno dei tanti invisibili di cui sono popolate le nostre città.

Overman compie una scelta coraggiosa, affidando la pellicola completamente all'espressività di Gere, quasi mai in primo piano, piuttosto spiandolo attraverso porte o spiragli lasciati aperti dalla folla, riflesso nelle vetrine dei negozi, obbligandoci a guardare ciò che di solito si ignora, con inquadrature di grande effetto. Non sappiamo nulla del protagonista, né perché si trovi ormai da dieci anni in una condizione che sembra non aver ancora accettato del tutto, né perché la figlia (Jena Malone) non lo voglia più vedere, lo seguiamo semplicemente nel suo quotidiano, fatto di vagabondaggi, elemosina, tentativi mal riusciti di riallacciare i rapporti con sua figlia.

C'è da dire, però, che il coraggio non è per forza sinonimo di qualità e in questo caso non si può certo parlare di un film riuscito. Due ore che scorrono con incredibile lentezza, l'assenza di qualsiasi background, ma soprattutto di un'evoluzione vera e propria del personaggio di George, rimasto praticamente invariato dall'inizio alla fine, rendono ancora più pesante un'atmosfera già grigia e cupa, tanto che ci si chiede, una volta arrivati faticosamente alla fine, cosa l'autore abbia voluto trasmettere con questo film, se non era meglio fare un documentario sulla vita quotidiana dei senzatetto, o addirittura se ne sia valsa la pena di arrivarci alla fine, dato che nulla è cambiato, nemmeno il protagonista.
Se non siamo di fronte a un completo disastro è grazie a Richard Gere, straordinario in ogni sua espressione, mai sopra le righe, sempre misurato, riesce a far affezionare lo spettatore a un personaggio di cui non si conosce nulla e di cui non si vede un'evoluzione, semplicemente con uno sguardo in camera. Se arrivasse la nomination all'oscar sarebbe sicuramente meritata.
Una grandissima interpretazione, purtroppo, non basta a salvare dalla noia e dall'inconcludenza della sceneggiatura, che si trascina con una pesantezza a tratti asfissiante.

Chiara

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