sabato 19 gennaio 2013

'Lincoln' - la recensione


Fare un film su Abramo Lincoln, non lo si può negare, regala una buona spanna di vantaggio su tutti gli altri, soprattutto quando si parla di premi, se poi ci inseriamo Daniel Day Lewis in tutto il suo splendore, beh, sembra davvero tutto troppo facile. Come era accaduto con Il discorso del re, il nuovo film di Spielberg sembra fatto a posta per portare a casa il maggior numero di statuette possibili, accompagnato da una buona dose di dollari di incasso, ma proprio come accaduto per il film di Hooper, Lincoln se li merita tutti.
Immerso in una fotografia cupa che mai illumina il volto del presidente e una regia piena di intensi primi piani e inquadrature che ricordano dei quadri, il film spazia dalla politica più pura al dramma umano senza annoiare mai, coinvolgendo ed emozionando.
Day Lewis è Lincoln in tutto e per tutto, dal trucco davvero straordinario, fino alle più piccole espressioni del viso costantemente in penombra, prova immensa in profumo di oscar in particolare nei duetti con una meravigliosa Sally Field, ma su tutti spicca un Tommy Lee Jones come non ce ne sono stati altri, incredibile in ogni suo gesto, in ogni frase, persino nei momenti in cui si limita ad osservare dimesso la scena.
Non c'è molto da dire, in realtà, su questo Lincoln praticamente perfetto, andrebbero citate almeno cinque scene di un livello impressionante ed il finale che non ci si aspetta, più amaro che dolce.
Spielberg ancora una volta ci ricorda il motivo per cui è uno dei migliori, se non il migliore, cineasta vivente, perchè nessuno riesce a fare cinema come lui, unendo i molteplici aspetti di una figura storica straordinaria quale quella di Abramo Lincoln in tre ore di film che sembrano scivolare via come se fossero trenta minuti e regalandoci il suo miglior film da Munich e uno dei migliori in assoluto nella sua carriera.


*Chiara*

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