domenica 29 ottobre 2017

[RomaFF12] Last Flag Flying - la recensione

Tre vecchi compagni d'armi, insieme in Vietnam, ormai vecchi e pieni di traumi e sensi di colpa non sempre risolti, accompagnano uno di loro che deve seppellire suo figlio, morto in Iraq.

Da una storia tutto sommato semplice, trasposizione del romanzo omonimo di Darryl Ponicsan è sequel del film The Last Detail del 1973 (anch'esso tratto dal romanzo di Ponicsan), Richard Linklater dimostra ancora una volta che prima di essere un ottimo regista è un grandissimo sceneggiatore.
In Last Flag Flying riesce a trasformare il viaggio fisico dei tre protagonisti in un viaggio interiore, con naturalezza e senza facili moralismi, sfruttando un impianto quasi teatrale nei dialoghi e nelle situazioni e sfruttando la bravura del trio Carell-Cranston-Fishburne, davvero in stato di grazia.

La riflessione su un'America ancora profondamente scossa dall'11 settembre e incapace di ritrovare se stessa se non immergendosi nuovamente in una guerra che, come il Vietnam anni prima, sembra incapace di vincere davvero e che porta solo a nuove insicurezze. L'ossessione per la verità e per il suo significato permea l'intera pellicola, in particolare il personaggio interpretato da Bryan Cranston ne rappresenta l'espressione diretta, ma anche la verità deve scontrarsi con ciò che è giusto, con la fede e con il dolore per la perdita di un figlio.
Si ride molto, nonostante non sia affatto un film allegro, ed è sempre una risata positiva, speranzosa e nonostante tutto mai amara, così come si piange e ci si commuove per una storia che colpisce il cuore per come riesce a essere vera e semplice nella sua verità.
Due ore che scivolano via senza mai pesare, tre uomini che si ritrovano, si riconoscono e alla fine imparano qualcosa in più su se stessi, così come fa lo spettatore che alla fine ha l'impressione di essersi guardato dentro.
Linklater non sbaglia mai, Last Flag Flying è un film stupendo.

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