giovedì 23 febbraio 2017

Jackie - la recensione

Presentato a Festival di Venezia 2016, e candidato a tre premi Oscar, tra cui migliore attrice, Jackie di Pablo Larraín racconta, tra realtà e finzione, uno dei personaggi più iconici del '900 nel suo momento di massimo dolore.

E' il 1963, sono passati cinque giorni dall'omicidio del presidente Kennedy, l'ex first Lady, Jacqueline Kennedy riceve in casa un giornalista di Life per raccontare i quattro giorni precedenti: gli spari, la morte del marito, il lutto, il funerale, l'uscita dalla Casa Bianca.

Il regista cileno Pablo Larraín ricostruisce quei giorni senza seguire una linea temporale precisa, con i continui flashback crea un puzzle che si avvicina molto al modo in cui ricordiamo gli eventi passati, estrapolando momenti in modo irregolare ed emozionale. L'omicidio di JFK è senza dubbio un momento che ha segnato la Storia, così come il suo funerale, cioè quando l'attenzione del mondo si è spostata sulla figura che è sempre stata al fianco del presidente, quella di Jacqueline Kennedy, first lady amata e ammirata ma anche contestata perché ritenuta spesso frivola e superficiale. Ricostruendo e immaginando, perché ovviamente la maggior parte di quello che è successo nella Casa Bianca in quei quattro giorni non è mai stato rivelato, Larraín sfugge alla classica idea del biopic e ci regala l'immagine di una donna shockata dalla morte violenta del marito, gravata dal lutto e dal dolore, persa per il futuro che l'aspetta, e allo stesso tempo pratica e a volte anche dura nelle decisioni che, per forza, deve prendere.

Al centro, cuore e anima del film, c'è una straordinaria Natalie Portman. L'attrice è presente in tutte le scene (tranne una), Larraín le fornisce lo spazio, il contorno, fatto di stanze eleganti e illuminate o di esterni grigi e tristi, e lei si muove all'interno di questi spazi catalizzando tutta l'attenzione su di sé, esattamente come nel film la sua Jackie catalizza l'attenzione di chi le sta intorno. Il regista la segue e la riprende in scene lunghe con primi piani strettissimi, quasi a voler entrare nelle emozioni di Jackie, e Natalie Portman risponde con una interpretazione toccante, intensa e misurata, capace di trasmettere il peso del dolore che improvvisamente è piombato addosso al suo personaggio, la grande dignità di una donna che vede il suo "regno", la sua "Camelot", sul punto di svanire, e la forza, che a volte sembra quasi fuori luogo, con cui decide di lasciare un ricordo indelebile del presidente JFK organizzando un funerale indimenticabile. Grandissimo lavoro di immedesimazione della Portman che, pur non somigliando molto fisicamente a Jacqueline Kennedy, riesce ad interpretarla con il portamento, i movimenti, e soprattutto attraverso l'accento e la voce, che cambia tono tra pubblico e privato, motivo per cui il film andrebbe visto in lingua originale.
L'interpretazione della Portman riesce a far passare in secondo piano l'ottimo cast di contorno, Greta Gerwig, Billy Crudup, il compianto John Hurt, alla sua ultima interpretazione, e Peter Sarsgaard, nel ruolo un po' ambiguo di Robert Kennedy.

Suggestivo, potente, stilisticamente perfetto, interpretato in modo magistrale, Jackie è un bellissimo film.

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