giovedì 23 febbraio 2017

Fences - Barriere - la recensione

Denzel Washington torna alla regia e porta al cinema Fences - Barriere, tratto dall'omonima pièce teatrale di August Wilson del 1987 con cui vinse il premio Pulitzer.

Pittsburgh, anni '50, Troy Maxson è un'ex promessa del baseball che ha visto la propria carriera finire nel nulla, e che ora fa il netturbino, in polemica con la direzione perché i neri svuotano i secchi mentre i bianchi guidano il camion. Troy è un chiacchierone, gli piace raccontare storie, parlare di se stesso quasi in modo allegorico, dell'amore che prova per sua moglie, anche se in realtà nasconde dei segreti pesanti, è molto duro con i figli che non sono come lui avrebbe voluto: il più grande non lavora perché vuole fare il musicista, il più piccolo è una giovane promessa del football ma Troy non ne vuole nemmeno sentir parlare, tarpando le ali ai suoi sogni. Mentre costruisce lo steccato (Fences, appunto) nel piccolo giardino dietro casa, Troy chiude se stesso dentro, lasciando fuori non solo un mondo che, anche se molto lentamente, sta cambiando, ma anche la sua famiglia.

Teatro al cinema, non sempre funziona, in questo caso funziona abbastanza. Fences - Barriere è un film pieno di parole e pieno di dolore e risentimento. Troy non cerca di piacere al pubblico, è un personaggio tragico, figlio di una generazione che ha vissuto discriminazione e violenza, sia dalla società che in famiglia, sulla propria pelle e che si è formato e indurito a causa di quella discriminazione, fino a diventare chiuso, rabbioso, pieno di umane contraddizioni, a volte distruttive.
Il film è fatto di scambi verbali e monologhi molto lunghi, Denzel Washington riesce ad usare abbastanza bene gli spazi ristretti, soprattutto quelli del piccolo giardino, riducendo un po' (ma non del tutto) l'effetto statico del "teatro al cinema". Una staticità che però in alcuni momenti si avverte soprattutto a causa della durata del film, due ore e un quarto circa, un po' troppe.

Denzel Washington ha già interpretato il ruolo di Troy Maxson a teatro, vincendo il Tony Awards nel 2010, e la confidenza col personaggio è evidente, riempie la scena con la sua presenza e con il suo parlare, quasi un'incontinenza verbale che sovrasta gli altri personaggi, ogni tanto eccede andando sopra le righe ma creando allo stesso tempo un contrasto tra esuberanza e durezza che risulta funzionale al personaggio. Una interpretazione che viene quasi oscurata da quella davvero straordinaria di Viola Davis, anche lei già protagonista a teatro accanto a Washington, e vincitrice del Tony Awards. L'attrice, molto più misurata rispetto a Washington, è il vero cuore pulsante del film, riesce a trasmettere una forza, una dignità e un'umanità che passano attraverso lo schermo ed emozionano lo spettatore. Il ruolo potrebbe portarle (finalmente) l'Oscar, e non premiarla sarebbe davvero un delitto.

Fences - Barriere è un film serio, sociale, che trova della vera calda emozione solo nel finale grazie ai personaggi secondari. Merita di essere visto almeno una volta, possibilmente in lingua originale, perché il modo di parlare di Troy, l'accento "black", le espressioni usate, sono parte integrante del personaggio.

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