lunedì 23 gennaio 2017

Arrival - la recensione

Il talentuoso regista canadese Denis Villeneuve sposta al cinema un intimo dramma fantascientifico, molto più vicino alla fantascienza degli anni '50 che a quella più "rumorosa" degli ultimi anni.

Sulla Terra compaiono dodici navi aliene, posizionate in diverse parti del globo e sospese in aria, in attesa di un contatto. L'esercito degli Stati Uniti sceglie la linguista Louise Banks (A.Adams), e il fisico Ian Donnelly (J.Renner), per cercare di comunicare con gli alieni. L'impresa si rivela complessa, la comprensione del linguaggio alieno, fatto di figure circolari che sembrano macchie d'inchiostro, richiede tempo. Tempo che alcuni paesi non sono disposti a concedere, mentre il mondo impazzisce per la paura, i governi preparano le armi per attaccare le navi aliene.

La trama principale di Arrival sembra ricalcare molti altri film di fantascienza del passato, da Ultimatum alla Terra a Independence Day, ma Denis Villeneuve sceglie un modo più intimo di affrontare la vicenda: niente guerre, niente battaglie all'ultimo sangue contro gli alieni. Come in Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Spielberg o Contact di Zemeckis, il regista porta la storia a un livello più intimo e personale andando a posare la storia sul personaggio di Amy Adams, una linguista, puntando quindi all'importanza del dialogo e della comprensione comune per unire mondi lontani (o anche paesi in eterno conflitto?). A differenza di Spielberg però Villeneuve non punta sullo stupore un po' fanciullesco dell'incontro con gli alieni che fa spalancare gli occhi dalla meraviglia ma alla profondità più filosofica, profonda ed esistenziale.

Come già dimostrato in Prisoners e Sicario, Villeneuve è bravissimo, visivamente Arrival è tanto semplice quanto potente, il regista riesce a creare una atmosfera di mistero e attesa che cattura e coinvolge lo spettatore. L'uso degli effetti speciali (di solito piuttosto massiccio in film del genere) non è affatto invasivo ed è limitato allo stretto necessario. La storia è molto lineare, semplice nella base e - con i suoi silenzi, i paradossi, i suoi flashback e forward - organizzata in modo da diventare complessa quanto basta, ed è misteriosa e circolare proprio come il linguaggio degli alieni. Affascinante la colonna sonora, davvero bella la fotografia.

Ottimo il cast. Jeremy Renner è un solido co-protagonista, così come Forest Whitaker, ma al centro di tutto c'è Amy Adams. Come già detto, sul suo personaggio si poggia tutto il peso del film e affidare questo compito a un'attrice come Amy Adams equivale a metterlo in banca. Straordinaria, intensa, emozionante, con i suoi primi piani carichi d'intensità la Adams diventa il cuore pulsante del film e trasporta lo spettatore all'interno della storia.

Non è il classico film di fantascienza, probabilmente per assimilarlo bene e in modo totale servono almeno due visioni, ma Arrival è un film stilisticamente perfetto che affascina ed emoziona.

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