martedì 4 ottobre 2016

Café Society - la recensione

 Negli anni '30 era stata definita "Café society" una certa tipologia di persone, star di Hollywood, intellettuali e nuovi ricchi, che frequentavano i locali più in di New York, tra costosi drink e musica jazz, fra vuoto pettegolezzo e fascinazione per i gangster.
Titolo quanto mai azzeccato per la storia di Bobby (Jesse Eisemberg), giovane ebreo del Bronx che si trasferisce a Los Angeles pieno di illusioni. Lavorando per suo zio Phil (Steve Carell), pezzo grosso del mondo degli studios cinematografici, conosce e si innamora di Vonnie (Kristen Stewart), la segretaria, ragazza intraprendente e cinica, ormai disillusa rispetto al luccicante ambiente che li circonda.

Woody Allen delinea con pochissimi ed efficaci tratti una serie di personaggi continuamente al limite fra lo stereotipo, quasi macchiettistico, del cinema di quegli anni (il gangster, il produttore senza cuore, il giovane di belle speranze, la dolce segretaria, ecc.), ribaltandoli, rendendoli straordinariamente veri e profondi, spesso indimenticabili, grazie anche a un cast stellare su cui spicca uno straordinario Steve Carell, il quale dimostra, ancora una volta, che oltre a saper far ridere di gusto, è capace di emozionare con un solo sguardo.

Ciò che più di ogni altra cosa cattura di Café Society è il puro spirito alleniano che ne pervade ogni minuto, dall'inizio alla fine: per quanto ci si affanni non c'è speranza, i sogni non significano nulla, persino l'amore non può salvarci. Il pessimismo tipico del regista newyorkese non è più mitigato dalla speranza che, forse, qualcosa può cambiare, all'età di 80 anni, Allen è ormai disilluso come i suoi personaggi,rassegnati e perduti in una New york lontana da qualsiasi possibilità di redenzione, che trascina con sé in un vortice beffardo in cui la vita non è che una commedia scritta dal più sadico degli sceneggiatori.
Eppure lì, dove cinismo e pessimismo si fanno più forti, l'ironia non manca mai e il film è infarcito di battute squisitamente alleniane e personaggi esilaranti nelle loro tragedie.

Malinconico, irriverente. colorato e tremendamente romantico, Café Society è il meglio che ci si può aspettare da un autore che racconta sì sempre la stessa cosa, ma lo fa splendidamente bene.

0 commenti:

Posta un commento