mercoledì 14 settembre 2016

La Famiglia Fang - la recensione


Annie (Nicole Kidman) e Buster (Jason Bateman) Fang sono fratello e sorella che, per un bizzarro e sfortunato incidente, si ritrovano nella casa della loro infanzia, insieme ai genitori, due performance artist che, prima con i due figli ancora bambini e poi da soli, hanno scandalizzato e affascinato l’america con le loro esibizioni al limite fra il puro genio ed il grottesco. Quando però la loro automobile viene ritrovata sporca di sangue, Annie e Buster dovranno cercare di capire se la morte dei genitori per mano di un serial killer sia davvero quel che sembra o solo un’altra delle loro assurde performance
Dal romanzo omonimo di KevinWilson, con lo stesso Bateman in veste di regista e la Kidman come produttrice, La Famiglia Fang vuole raccontare con ironia dissacrante la famiglia e le sue contraddizioni, prendendo come esempio una famiglia sui generis, che fa della continua sfida alla società contemporanea il suo marchio di fabbrica. Annie e Buster sono due adulti mai realmente cresciuti, oppressi dalla figura ingombrante dei loro genitori, continuamente in dubbio su loro stessi e sulle loro reali capacità. Non a caso entrambi hanno una carriera fallita nello spettacolo, impossibilitati a staccarsi dai ruoli di Bambino A e B, una vera e propria spersonificazione operata nella loro infanzia da cui non è possibile prescindere.
Le riflessioni generate dal romanzo sono profonde ed interessanti ed è facile capire come mai la Kidman abbia tanto fortemente voluto i diritti per trarne un film, le potenzialità sono grandi, ma purtroppo la pellicola non riesce mai a essere davvero incisiva. Non si riesce mai davvero a entrare nella testa e nel cuore dei personaggi, nonostante entrambi i protagonisti (ma anche Chrostopher Walken e Maryann Plunkettnel ruolo dei genitori) diano una performance intensa e senza sbavature. Il ritmo è lento e si ha l’impressione continua di un qualcosa che stenta a decollare, finché la storia non si trascina alla fine senza mai uscire dalla noia.
Davvero un peccato, perché le potenzialità per un grandissimo dramma familiare c’erano tutte e sarebbe bastato un guizzo, una scintilla in più, per portare il film fuori dall’anonimato.

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