mercoledì 2 marzo 2016

Suffragette - la recensione

Londra, 1912. In un'Inghilterra ancora di stampo vittoriano le donne cercano visibilità, diritti e dignità in un mondo fatto da uomini e per gli uomini, battendosi per il suffragio universale, superando anche i limiti della legalità, tra attentati, bombe, estenuanti scioperi della fame e dolorose rinunce.

Suffragette è un film di stampo molto classico, estremamente britannico nella sua messa in scena curata e lineare, un vero e proprio affresco storico di una società fortemente maschilista, in cui una donna che esprimeva liberamente le proprie opinioni era considerata pazza, se non direttamente pericolosa. Abi Morgan (sceneggiatrice già di The Iron Lady, Shame e della splendida miniserie BBC The Hour) descrive le sue protagoniste con spiccato tocco femminile e dipinge un mondo di donne che si sostengono a vicenda, si aiutano, sono mogli e madri, ma allo stesso tempo attiviste politiche, in cui la loro forza non prescinde mai da una profonda femminilità. Per contrasto gli uomini del film sono abietti, deboli, si nascondono dietro il potere per poter esercitare un controllo che però non riescono mai davvero a portare a termine. I pochi esempi di figure maschili positive non riescono comunque mai a emergere davvero, rimanendo nell'ombra delle protagoniste.

Importantissima era perciò la scelta del cast. Carey Mulligan, protagonista principale della pellicola, è sempre delicata nella sua recitazione, incarna perfettamente l'apparente fragilità e la paura del suo personaggio e la trasformazione che avviene in lei, in particolare le scene che condivide con Ben Whishaw, suo marito nel film, sono recitate straordinariamente. Perfetta Helena Bonham Carter, anche perché il suo personaggio è probabilmente il più affascinante, un vero e proprio soldato che addestra e protegge le sue truppe, pronto a sferrare il prossimo attacco con una determinazione quasi sacra. Si vede poco ma lascia il segno nelle scene in cui compare, Maryl Streep, nel ruolo della portavoce e capo del movimento delle Suffragette, Emmeline Pankhurst.
Dove il film pecca purtroppo è la regia. Sarah Gavron non riesce a imprimere la sua firma, limitandosi a riprendere le scene in modo abbastanza statico, lasciando unicamente alla scrittura e alle sue interpreti il compito di raccontare la storia, un vero peccato perché si sarebbe potuto fare molto di più e il film lo avrebbe meritato.

Passato immeritatamente inosservato in questa stagione di premi, Suffragette è un film che fa della sceneggiatura, esaltata da un cast in stato di grazia, il suo punto di forza, raccontando con un punto di vista chiaro e forte una delle più importanti lotte per i diritti umani della Storia.

0 commenti:

Posta un commento