domenica 6 dicembre 2015

In the Heart of the Sea - la recensione

Il vecchio Thomas Nickerson racconta allo scrittore Herman Melville la vera storia della baleneria "Essex" su cui era imbarcato da ragazzino. Caratterizzata dal duro contrasto fra il Capitano Pollard e il primo ufficiale Chase, fu attaccata da un'enorme balena bianca al largo del Pacifico, segnando inesorabilmente le vite di tutti coloro che erano a bordo.


Tratto dal romanzo Il Cuore dell'Oceano - Il Naufragio della Baleniera Essex, il film di Ron Howard vorrebbe scavare nell'animo umano e scoprirne i limiti, proprio come il romanzo Moby Dick affrontava l'ossessione del Capitano Achab per la leggendaria balena bianca. Purtroppo però il film si perde molto presto in una trama banale, ma soprattutto in personaggi troppo poco caratterizzati e praticamente mai approfonditi. Paradossalmente, se si pensa a un film che in comune con questo ha l'ambientazione marinaresca e il perseguimento di un'ossessione quale Master and Commander, quest'ultimo riusciva maggiormente a trasportare sullo schermo sia il sentimento e il cameratismo instauratasi tra i marinai, sia la frenesia che comporta il rischiare ogni cosa per perseguire uno scopo. 
Pur senza continuare nel confronto tra due pellicole del tutto diverse, In the Heart of the Sea non riesce mai a coinvolgere a fondo, non riesce mai ad andare oltre una conoscenza superficiale dei personaggi e delle loro motivazioni più profonde, spesso facendoli scadere in meri stereotipi (il Capitano incapace ma di nobile nascita, il primo ufficiale brillante ma contadino, eccetera), fino a scivolare in un finale quanto mai banale e retorico. Anche la camera non riesce quasi mai a districarsi da un certo tipo di ripresa confusionaria, il che è un vero peccato perché Ron Howard ne ha le capacità e lo dimostra con un paio di inquadrature davvero spettacolari.

Dove il film trova la sua redenzione è nel cast e nelle interpretazioni. Chris Hemsworth, fisicamente perfetto per il ruolo di Chase, riesce a imprimere personalità al suo personaggio sopperendo a una sceneggiatura veramente povera da quel punto di vista, dimostrando (se ce ne fosse ancora bisogno dopo la sua splendida interpretazione in Rush) che non è solo un bel faccino ma anche un attore di tutto rispetto. Ma a brillare più di tutti, pur con poche scene, è Ben Whishaw, nel ruolo di Melville, protagonista della sezione più riuscita del film, con pochi gesti e sguardi delinea un personaggio allo stesso tempo fragile e forte, consapevole e insicuro, lasciando il segno come solo grandi attori riescono.

In conclusione, un film da domenica pomeriggio, tutto sommato godibile grazie soprattutto al suo cast, ma deludente per quello che avrebbe potuto esprimere. Come direbbero a scuola, il ragazzo è intelligente, ma non si applica.

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