sabato 31 ottobre 2015

I 5 film (non horror) da vedere la notte di Halloween

Ad Halloween, si sa, il terrore e i mostri la fanno da padrone e niente è meglio di un bel film horror, vero?
Per noi di Frame non sempre l'horror è la soluzione più appropriata per la notte delle streghe.
Ecco 5 film che secondo noi sono ottime alternative per festeggiare degnamente la festa più spaventosa dell'anno!


Frankenweenie


Tim Burton prende il suo vecchio cortometraggio sul bambino che riporta in vita il suo cane e ne fa un omaggio incredibile ai vecchi film horror di serie B da lui tanto amati.
In stop motion e in bianco e nero, questo film vi catapulterà in un mondo fatto di personaggi bizzarri e citazioni cinematografiche. Spaventoso e divertente.


Intervista col Vampiro


Un cast eccezionale (su cui spicca un incredibile Tom Cruise) e Neil Jordan alla regia per la riuscitissima trasposizione del romanzo gotico di Anne Rice. Vampiri, sangue, amore e morte si alternano in un'atmosfera cupa e romantica, grazie anche alla splendida fotografia.
Il vero film sui vampiri prima che i film sui vampiri diventassero di moda.



Il Labirinto del Fauno


Fantasy-horror targato Guillermo del Toro. Un'affascinante favola nera che trasporta lo spettatore in un mondo tanto fantastico quanto reale e strettamente collegato alla violenta realtà della Guerra Civile spagnola. Animato da intriganti fauni e inquietanti creature, il film di Del Toro conquista subito per lo stile e l'estetica, grazie anche a una meravigliosa fotografia e delle splendide scenografie, e commuove in un finale carico di significato.


La Cosa


L'opera di John Carpenter è uno di quei film maturati nel tempo. Etichettato come "flop" nel 1982, oggi è considerato un vero e proprio cult del genere horror fantascientifico. Al centro della storia un gruppo di persone costrette a convivere (capitanate da un eccezionale Kurt Russell) e una entità aliena in grado di entrare in un uomo, infettarlo, trasformarlo in mostro e assumerne le sembianze replicandolo perfettamente. Il risultato è il panico, la paranoia del non sapere chi è chi, acuite dal luogo estremo in cui si svolge l'azione, una fredda e isolata base in Antartide. Con effetti speciali "materiali" (animatronics, lattice, modellini) e un finale che lascia tutto in sospeso.


Il Corvo


Tratto dall'omonimo fumetto di James O'Barr, è una storia d'amore e vendetta, con un'estetica dark-rock e un personaggio principale, Eric Draven, che ha conquistato subito il pubblico. A consegnarlo al mito però è stata l'assurda e prematura scomparsa di Brandon Lee (assolutamente perfetto nei panni de "Il Corvo"), morto sul set a causa di una incredibile leggerezza da parte dello staff nell'uso di una pistola.


Frame

martedì 27 ottobre 2015

Legend - la recensione

Londra, anni '60: i gemelli Ronnie e Reggie Kray sono i  capi incontrastati della malavita dell'East End e dei veri e propri idoli popolari. Il primo è spietato, folle, dichiaratamente gay, mentre il secondo è razionale, calcolatore e innamorato di Frances, aspirante segretaria.
Ed è proprio il rapporto romantico tra Reggie e Frances (anche voce narrante della vicenda), unito al forte legame tra i due fratelli, tanto identici di aspetto quanto diversi di carattere, il centro focale della pellicola.


A interpretare i gemelli Kray c'è il talentuoso Tom Hardy, e si può dire che l'intero film non è altro che uno sfoggio della bravura dell'attore inglese, talmente calato nei due ruoli che ci si dimentica praticamente subito che siamo di fronte allo stesso interprete.
Nei panni di Ronnie, Hardy assume un atteggiamento strafottente, con una postura fisica particolare, le labbra sporgenti e la parlata caratteristica, riesce a imprimere nel personaggio una incredibile follia sanguinaria e allo stesso tempo un'ingenuità quasi tenera, in un certo senso esagerata e macchiettistica. Come Reggie, invece, assistiamo a un'interpretazione più misurata, intensa, a dimostrazione che ciò che stiamo vedendo non è frutto del caso, ma di un attento studio su personaggi e una padronanza della tecnica recitativa sopraffine.
E' veramente difficile rimanere indifferenti alla bravura di questo Tom Hardy, e non è esagerato dire che si tratta di una delle migliori performance degli ultimi anni. Ogni cosa, nella pellicola, sembra puntare quasi unicamente all'esaltazione del suo protagonista, tralasciando un po' il resto.

Nella prima parte del film il ritmo è davvero alto, ci si diverte moltissimo e si gioca molto bene con i vari cliché del genere gangster, generando tutta una serie di situazioni apprezzabili, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Ronnie e il rapporto tra i due fratelli.
Verso il finale però si perde un po' di ritmo e si rallenta, perdendosi forse troppo nelle traversie romantiche e nel personaggio poco riuscito di Frances, per cui si dovrebbe simpatizzare ma che risulta piuttosto scialba e spesso antipatica.
In un certo senso il film risulta anticlimatico, con una partenza scoppiettate e un finale con il freno a mano tirato. Comunque il film intrattiene egregiamente, soprattutto grazie all'interpretazione straordinaria di Tom Hardy, vero punto di forza che innalza questo Legend da "buono" a "ottimo".

lunedì 26 ottobre 2015

Truth - la recensione

La storia vera di Mary Mapes, dell'inchiesta sulle presunte inadempienze dell'allora Presidente George W. Bush nella Guardia Nazionale e delle indagini sulla veridicità di tale notizia.

Ad aprire il Festival del Cinema di Roma è un film sul giornalismo, scelta particolare, riuscita solo a tratti, ma che si può avvalere di un gran cast.
Truth è un film che comunica solidità, sia per quanto riguarda la regia, che la sceneggiatura, ma che trova in questa solidità forse il suo più grande difetto, lasciando un po' troppo in disparte l'aspetto più umano della vicenda, in particolare il rapporto tra Mary (sempre straordinaria Cate Blanchett) e Dan Rather (Robert Redford) che viene affrontato ma mai approfondito come avrebbe meritato.

Il film ci mette un po' a ingranare, soffre una prima metà particolarmente lenta e non troppo coinvolgente, ma si riprende benissimo nella seconda parte, aumentando il ritmo della narrazione, anche se rimane una certa freddezza di fondo che impedisce allo spettatore di empatizzare del tutto con i personaggi.
In sostanza ci troviamo di fronte a un film compatto, ottimamente scritto, girato e interpretato, ma che non riesce ad andare oltre al messaggio politico. Un film tutto di mente, ma un po' di cuore avrebbe fatto sicuramente bene.

mercoledì 21 ottobre 2015

The Walk - la recensione

Quando si porta in scena una biografia, di solito, c'è bisogno di romanzare, aggiungere quel qualcosa in più necessaria alla spettacolarizzazione che il cinema richiede per la sua stessa natura.
Ma poi ti capita tra le mani una storia che è già di per sé incredibile, che non ha bisogno di nulla se non di sé stessa per tenere tutti incollati alla poltrona.
E' il caso della leggendaria impresa di Philippe Petit, il funambolo francese che il 7 Agosto 1975 tese un filo tra le due Torri Gemelle del World Trade Center e vi rimase per ben 45 minuti, andando avanti e indietro sotto gli occhi della polizia e della gente di New York.
Non occorre davvero nient'altro che questo, per avere un gran film, e infatti qualche anno fa il documentario Man on Wire - Un uomo tra le Torri, sorprese Venezia e si portò a casa un meritatissimo Oscar.

Ora è il turno di Robert Zemeckis, regista che, pur spaziando tra molti generi diversi, può vantare un'impronta stilistica inconfondibile, e che è possibile riconoscere anche nel suo ultimo lavoro.
The Walk è molto diverso da quello che si potrebbe pensare, infatti decide coraggiosamente di rinunciare alla facile drammatizzazione legata al ricordo, così caro al pubblico americano, delle due Torri Gemelle, e di impostare l'intera pellicola come un vero e proprio Heist Movie, fatto di suspance e di complici, tutto condito con una leggerezza e un'ironia incarnata alla perfezione dal bravissimo Joseph Gordon Levitt, che per l'occasione sfoggia un accento francese quasi perfetto, senza però dimenticare il romanticismo e la saggezza, incarnati dal meraviglioso personaggio di Ben Kingsley.
Ma The Walk è anche e soprattutto grande cinema, nel senso più puro del termine, in cui si ride, ci si commuove, si rimane a bocca aperta. Zemeckis dirige magistralmente con movimenti di macchina vertiginosi, su e giù per quelle due Torri, vere protagoniste del film, e poi ci trascina nel vuoto, quel vuoto che si apre sotto i piedi di Philippe, in una scena che è al contempo fonte di ansia e di serenità, grazie anche a un 3D che, per una volta, non è superfluo, anzi, appare quasi indispensabile.

The Walk è un film inaspettato, poetico, divertente visivamente grandioso, un ritorno in grande stile per uno dei registi che ha sempre fatto della realizzazione dell'impossibile il suo punto forte.
Una passeggiata nel vuoto che lascia senza fiato.

martedì 20 ottobre 2015

Freeheld - la recensione

La vera storia di Laurel Hester, detective di polizia nel New Jersey che, affetta da cancro terminale, intraprese una vera e propria battaglia per far sì che i suoi benefici pensionistici potessero andare alla sua compagna Stacie.

Freeheld è un film che punta a commuovere il suo pubblico, lo fa piuttosto palesemente e alla fine ci riesce anche, grazie soprattutto alle due magnifiche interpreti, una sempre perfetta Julianne Moore e una fantastica Ellen Page. Entrambe donano un'interpretazione misurata, mai eccessiva nonostante il pesante trucco che sfigura la Moore per la maggior parte del film. Ottimo come sempre anche Steve Carrell, comic relief atto a sdrammatizzare una storia che è davvero pesante e drammatica, anche se le sue battute non sempre risultano riuscite e a volte sono un po' fuori luogo.

Senza particolari guizzi, Peter Sollett porta a casa un buon film che riesce perfettamente nel suo intento di toccare le corde più emotive, provocando più di qualche lacrima in sala, un po' meno quando si tratta di andare a fondo in una denuncia sociale e politica riguardo un argomento di grande attualità, relegato alle didascalie finali forse eccessivamente lunghe e piuttosto buoniste.

domenica 18 ottobre 2015

Pan - la recensione

Quella di Peter Pan è sempre stata una storia che ha acceso la fantasia non solo di grandi e piccini, ma anche delle produzioni hollywoodiane, che negli anni hanno dato vita a molteplici adattamenti, più o meno fedeli.

Joe Wright, regista inglese avvezzo alle trasposizioni di grandi classici, è l'ultimo di questa lunga lista. Il regista decide però di prendere un'altra strada e di raccontare non di Wendy, dei bimbi sperduti o della lotta con Capitan Uncino, ma di andare alle origini, a quando Peter era un orfano nella Londra della Seconda Guerra Mondiale e Uncino uno spiantato prigioniero del temibile Barbanera.

Se dal lato puramente visivo gli scenari fantasy e il look steampunk del film Pan funzionano alla perfezione (aiutati da una splendida colonna sonora che spazia dal classico al rock), purtroppo non si può dire lo stesso della sostanza del film. Il peccato non sta tanto nello stravolgere le origini del personaggio di Peter Pan (da bambino fuggito perché non vuole crescere a orfano in cerca della sua famiglia), quanto nell'appiattimento totale di storia e personaggi, mettendo insieme una serie di cliché (l'orfano che si rivela essere il prescelto, l'avventuriero un po' sbruffone, il cattivo geloso, ecc) senza mordente. E mentre il personaggio di Barbanera, seppur banale, si salva grazie alla immensa presenza scenica di Hugh Jackman, a farne maggiormente le spese è il futuro Capitan Uncino, che da malinconico e affascinante villain si ritrova a essere la spalla simpatica, un po' Indiana Jones, un po' Star Lord, presto dimenticato.

Non è necessario scomodare capolavori come Hook, ma questo Pan perde anche contro lavori onesti come il recente Peter Pan di P.J. Hogan, molto meno spettacolare, ma ben più profondo. Un vero passo falso nella carriera di Wright che, fin ora, aveva sbagliato molto poco.

Chiara

venerdì 16 ottobre 2015

Woman in Gold - la recensione

La Seconda Guerra Mondiale da sempre offre tantissime storie al cinema, Woman in Gold di Simon Curtis si aggiunge alla lista di film che raccontano le vergognose ingiustizie perpetrate dai nazisti.

Il film racconta la vera storia di Maria Altman (H.Mirren), una donna austriaca, ebrea, fuggita dal proprio paese per sfuggire ai nazisti che, come erano soliti fare, saccheggiarono l'abitazione della sua famiglia. Tra i quadri portati via c'era che il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I di Gustav Klimt, la "Donna in Oro". dipinto che raffigurava l'amata zia di Maria.
Passati cinquanta anni, Maria, con l'aiuto di un giovane avvocato (R.Reynolds), decide di chiedere al governo austriaco la restituzione del suo quadro, che nel frattempo è diventato un vero e proprio simbolo per il paese.

Simon Curtis, regista di Marilyn, decide di puntare sulla leggerezza e sull'intrattenimento invece di premere sulla drammaticità degli eventi storici. Il regista divide il film tra presente e passato, raccontato tramite flashback (con un'ottima fotografia) che all'inizio sembrano spezzare un po' il ritmo delle scene ambientate nel presente ma, piano piano, conquistano l'attenzione dello spettatore.

Il film punta praticamente tutto sulla sua protagonista, la sempre meravigliosa Helen Mirren, che grazie alla sua straordinaria bravura e presenza scenica, riesce a rendere credibile, emozionante e divertente qualsiasi battuta. Tutto quello che succede nel film passa dalla Mirren, sia i momenti più leggeri e spiritosi che quelli più profondi. L'attrice premio Oscar catalizza tutta l'attenzione e a farne le spese è il suo partner di set, Ryan Reynolds, che fatica un po' a venire fuori anche se alla fine riesce a ritagliarsi il suo piccolo spazio. Nel cast sono presenti anche Daniel Brühl, Katie Holmes, Tatiana Maslany, Max Irons, Charles Dance, Jonathan Pryce e Antje Traue, a cui è stato affidato il compito di interpretare la malinconica zia rappresentata nel celebre quadro di Klimt.

Il film di Curtis ha forse la pecca di non voler essere troppo serio, di voler essere solo il racconto di una storia, senza epicità, senza dramma, senza approfondire troppo l'aspetto storico, ma Woman in Gold è un film che si vede e si lascia vedere con piacere.

martedì 13 ottobre 2015

Black Mass - la recensione

Presentato all'ultimo Festival di Venezia, Black Mass di Scott Cooper racconta la storia di James "Whitey" Bulger, uno dei criminali più ricercati di sempre dall'FBI.

Ambientato nei sobborghi di Boston, dove Bulger (Depp) è nato e cresciuto, dove ha una gang molto rispettata e in perenne conflitto con la mafia italiana, molto più potente, di un quartiere vicino.
Nelle stesse strade del quartiere è nato anche John Connolly (Edgerton), fresco agente dell'FBI, che per il suo amico Bulger ha una vera adorazione, nonostante sia un noto criminale. Proprio Connolly propone a Bulger una alleanza: informazioni per riuscire a sgominare la mafia italiana e in cambio l'agenzia chiuderà un occhio sugli affari della banda di Bulger. Nonostante le resistenze dei piani alti dell'agenzia, l'accordo si fa, e Bulger lo usa a suo vantaggio per conquistare potere, espandere i propri affari e agire indisturbato sotto gli occhi dell'FBI.

Scott Cooper affronta a suo modo uno dei generi più classici del cinema, il gangster movie. Con uno stile semplice e pulito, Cooper prova ad evitare il confronto con i mostri sacri del genere (Coppola, Scorsese) e focalizza tutta l'attenzione sui legami tra i personaggi, lasciando la palla in mano soprattutto ai due attori protagonisti. Il film copre ben 20 anni di storia, ma il regista sceglie di non raccontare i cambiamenti del paese e come questi influiscano sui personaggi principali, lascia tutto molto lontano, quasi a voler isolare il quartiere di South Boston e le figura che lo animano. Una scelta interessante che funziona però fino a un certo punto. Andando avanti il film perde un po' di ritmo e di solidità, dimenticandosi e scegliendo di non approfondire alcuni personaggi e dividendosi troppo nei diversi punti di vista.

Il film punta moltissimo sul cast, formato da tanti ottimi attori impegnati in piccoli ruoli o in personaggi di secondo piano, Benedict Cumberbatch, Kevin Bacon, Dakota Johnson, Juno Temple, Peter Sarsgaard, Corey Stoll, Adam Scott, Jesse Plemons e Julianne Nicholson. Alla fine però tutto si riduce ai due protagonisti, Depp e Edgerton.
Per diventare il più somigliante possibile al vero Jimmy Bulger, Johnny Depp ha dovuto subire l'ennesima trasformazione fisica della sua carriera, lenti a contatto molto azzurre per un penetrante sguardo di ghiaccio e un pesante trucco per diventare quasi calvo, una "maschera" utile per la somiglianza fisica ma che alla fine sembra quasi dare fastidio all'attore. Depp è molto bravo, convincente e capace di dare a Bulger un'inquietante calma e al tempo stesso una micidiale ferocia quando deve uccidere, ma il pesante trucco sembra "congelare" la sua faccia fino a limitarne l'espressività. Molto bravo anche Joel Edgerton, nei panni di un uomo nervoso, molto ambizioso e costantemente in bilico tra le sue due anime: marito e agente dell'FBI da una parte, amico e complice compiacente di un criminale dall'altra.

Sobrio e rigoroso, Black Mass pecca in epicità, non ha la leggendaria grandezza de Il Padrino, ne la follia e il ritmo di Quei Bravi Ragazzi, ma è un buon film con delle belle interpretazioni.

martedì 6 ottobre 2015

The Martian - la recensione

Durante la missione si atterraggio su Marte, a causa di una violenta tempesta di sabbia, l'astronauta Mark Watney è creduto morto dai suoi compagni e abbandonato per più di un anno sul pianeta Rosso. Mentre la NASA tenta il tutto per tutto per recuperarlo, Mark dovrà darsi da fare per tentare di sopravvivere fino al salvataggio.



Dopo il fallimento dell'ambizioso Prometheus, Ridley Scott torna alla fantascienza, questa volta in un futuro non troppo lontano, e in un'ambientazione molto più vicina a noi, centrando finalmente il punto e soprattutto, lasciando da parte inutili e dannosi sofismi.
C'è da dire che molto del merito per la riuscita di The Martian (uscito da noi con l'infelice titolo di Sopravvissuto) va dato a Drew Goddard (già sceneggiatore di Cloverfield e regista di Quella Casa nel Bosco) che ne ha firmato la sceneggiatura. Più di due ore di durata scivolano via con leggerezza, tra momenti brillanti, battute divertenti e momenti toccanti, su cui spiccano alcuni felici riferimenti geek.
Scott si inserisce dirigendo in modo pulito e impeccabile, esaltando la fotografia rossastra del pianeta Marte senza un'esagerata saturazione, dimostrando di aver forse imparato dagli errori del passato.
Interessante la scelta delle musiche, principalmente composte da successi disco e pop, su tutti degna di attenzione la sequenza sulle note di Starman di David Bowie, dinamica e magistralmente girata, oltre che estremamente divertente.
Il cast è davvero ampio, tra la sempre meravigliosa Jessica Chastain, Kate Mara, Sebastian Stan, Sean Bean, l'ottimo Jeff Daniels, nei panni del Direttore della NASA, e una serie di volti noti del piccolo schermo. Ma il vero protagonista è Matt Damon, autentica sorpresa del film, assolutamente perfetto e calato nella parte del simpatico Mark Watney, sicuramente aiutato anche dal fatto che il personaggio sembra quasi costruito per lui.

Nonostante non sia nulla di particolarmente originale, né imprevedibile, The Martian scorre con piacere per due ore di puro intrattenimento, senza prendersi troppo sul serio e centrando perfettamente il bersaglio.