venerdì 10 ottobre 2014

Sin City: Una Donna per cui Uccidere - la recensione

A nove anni di distanza dal primo, splendido, Sin City, dopo rinvii e traversie, arriva finalmente in sala Una donna per cui uccidere, ma la musica non sembra cambiare poi molto.



Nelle strade della Città Vecchia si muovono ancora i personaggi creati dalla mente di Frank Miller (co-regista anche di questo secondo film), con storie prese dagli albi a fumetti e altre invece originali, nuovi protagonisti e vecchie conoscenze. Manca a volte un intreccio completo e complesso come era avvenuto nel primo film, ma sostanzialmente quello che conta è sempre lì e funziona ancora dannatamente bene.
I riflettori erano tutti su di lei, Eva Green, bellissima e fatale, una vera e propria dea che rende gli uomini suoi schiavi, vestita solo di quei piccoli tocchi di colore che rendono le sue labbra più rosse o i suoi occhi più verdi, bravissima e bellissima. Bravi anche i nuovi acquisto Josh Brolin e, soprattutto, Joseph Gordon Levitt, protagonista della storia forse più debole, ma che riesce a dare al suo personaggio un alone di mistero che lo rende estremamente interessante.

Robert Rodriguez  confeziona un film che potrebbe benissimo essere il secondo tempo del precedente, stesse musiche, stessa atmosfera, stesso fascino della fotografia che sembra trasportarci dentro le pagine del fumetto di Frank Miller, uno stile particolarissimo e subito riconoscibile che non si vede spesso e che, bisogna riconoscere, Rodriguez infonde in ogni aspetto, occupandosi lui stesso di ogni reparto della realizzazione della pellicola. Non sempre funziona, ma questa volta è da applausi.



Sin City torna dopo ben nove anni, ma allo spettatore sembra di non essersi mai spostato dalla Città Vecchia, di non aver mai lasciato i molti, iconici, personaggi che la popolano, tutti buoni, tutti cattivi, tutti ugualmente affascinanti.
Sin City è tornato ed è sempre un piacere per gli occhi.

0 commenti:

Posta un commento