mercoledì 3 settembre 2014

Venezia 71 - giorno 8

A dare una scossa al Festival di Venezia è arrivata Sabina Guzzanti con il suo nuovo film 'La Trattativa'.

Il film, nel pieno stile della Guzzanti, tra satira, documentario e finzione, ricostruisce il rapporto Stato-Mafia a partire dalle periodo delle bombe di inizio anni '90.

Ottima l'accoglienza, il film ha ricevuto molti applausi alla fine della proiezione stampa, tanti da sorprendere addirittura la stessa regista. Inevitabili le polemiche ma Sabina Guzzanti ne è consapevole e ha definito il suo film, con grande sicurezza, un "gesto di impegno civile".

"Purtroppo quelli che racconto sono fatti realmente accaduti, verificati più di mille volte nel lavoro di riscontro che ho fatto insieme agli esperti di questa materia", ha dichiarato la Guzzanti durante la conferenza stampa, "in Italia, dagli anni '90 in poi, ci siamo abituati ad aspettare i risultati di un processo prima di poter parlare di qualcosa, ma non è che finché non si trovano i responsabili penali, l'opinione pubblica non può venirne a conoscenza. Sulla mancata perquisizione del covo di Riina c'è poco da fare, è andata così. C'era la possibilità di venire a sapere i nomi di tutti i collaboratori della mafia nel mondo politico e imprenditoriale e si è vanificata questa possibilità. Lo stesso Borsellino in una celebre intervista diceva che non è che se un politico viene assolto vuol dire che è innocente, ma che non sono state trovate prove per condannarlo. L'opinione pubblica però dalla conoscenza di alcuni fatti può trarre le sue conclusioni". Il film mette sotto accusa tutte le cariche istituzionali, dal Presidente della Repubblica Napolitano in giù. "Ogni parola del mio film che riguarda il presidente Napolitano è stata controllata 1.678 volte", ha assicurato la regista-attrice.
In un film che tratta temi e fatti molto scottanti, e che alterna finzione e documentario, la Guzzanti si è comunque ritagliata uno spazio per la satira con uno dei suoi cavalli di battaglia: l'imitazione/interpretazione di Silvio Berlusconi. Per girare il film la Guzzanti si è ispirata al cortometraggio di Elio Petri 'Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli' (1970). "Ho iniziato e interrotto molte volte la scrittura di questo film perché mi sembrava complicato riuscire a farne solo un documentario o solo un film", ha spiegato la regista, "poi mi sono ricordata del corto di Petri. Il meccanismo che consente di passare in modo omogeneo dalla finzione al documentario dà al film una libertà creativa, un umorismo, e una recitazione un po' brechtiana che hanno fatto sì che questo lavoro fosse un film, da vedere in modo collettivo".
"Nell'apprendere certe cose e nell'approfondire queste questioni ho avuto momenti di paura e di depressione, ho pensato le solite cose che pensiamo tutti: me ne vado, che ci sto a fare qui?", ha concluso la Guzzanti, "Ma lo scopo del film era quello di permettere a tutti, anche chi non legge il giornale tutti i giorni o non lo legge mai, di capire quei fatti che hanno cambiato il corso della nostra democrazia. Le istituzioni italiane hanno sempre avuto paura della democrazia e hanno finito per scegliere sempre un'altra strada con qualcuno che si prende la responsabilità di prendere decisione per noi, per il bene del paese. Il film dice che se non ci fosse stata questa trattativa il nostro sarebbe stato un paese migliore e forse oggi avremmo ancora Falcone e Borsellino".

'La Trattativa' uscirà il 2 ottobre nei cinema e sicuramente farà discutere.

Presentato nella sezione Orizzonti, 'Cymbeline', rivisitazione dell'opera teatrale di William Shakespeare diretta da Michael Almereyda. Nel cast Milla Jovovich, Ethan Hawke (assente in mattinata, presente sul red carpet), Anton Yelchin, John Leguizamo e Ed Harris (assente al Lido).

"Abbiamo lavorato in modo molto diretto e volevo che la storia fosse più intima e meno rumorosa, rivolta all'esterno rispetto alle altre interpretazioni di Shakespeare", ha spiegato il regista in conferenza stampa, "Ho avuto un cast fantastico disposto ad essere coinvolto in questa impresa a basso budget".
Elemento di massima importanza in una trasposizione di Shakespeare è la lingua e i dialoghi, e così è stato anche per il regista e gli attori. "La lingua mi ha intimorita, ma anche interessata", ha raccontato una Milla Jovovich in dolce attesa, "Quando si fa un film non è come a teatro, ma occorre consolidare le emozioni fin dall'inizio ed entrare in sintonia con il personaggio. Per farlo ho cercato di tradurre i dialoghi nel linguaggio della regina. Per me il linguaggio era bello e divertente. E' stato bello lavorare con persone meravigliose e capire fino in fondo quest’opera. Come attrice trovo una magia nel giocare con le parole, scovando il sottotesto. Shakespeare è pieno di parole ed è stato così bello trovare questo sottotesto". Sulla stessa linea d'onda Anton Yelchin, che nel film interpreta Cloteno: "Abbiamo studiato i dialoghi cercando di capirli. Si tratta di una tradizione britannica precisa, e conoscendo i personaggi con il dialogo si assume maggiore libertà. Bisogna accettare l’opera, e portarlo oltre. Mi piace tanto il mio personaggio, pieno di tessuto. Di solito si scoprono giovani che litigano con la madre e vogliono fare del male, ma fatti da Shakespeare si capisce la teatralità di questo personaggio. Con Michael abbiamo parlato di molte altre interpretazioni fatte per avere l’idea giusta di come renderlo in scena". Per John Leguizamo non è stata la prima esperienza in una trasposizione di Shakespeare, lo ricordiamo ad esempio in 'Romeo + Giulietta' di Baz Luhrman. "Ho già fatto Shakespeare diverse volte, ma ogni volta è una sfida", ha dichiarato l'attore, "Mi piace lo sguardo di Almereyda, una visione più naturale e più comprensibile anche per i giovani. Per esempio io quando ho visto la versione di Zeffirelli da ragazzo ho capito veramente Shakespeare. Come attore si lavora per dare l’aspetto di conversazione a Shakespeare, soprattutto per noi americani che cerchiamo di rendere i suoi scritti più accessibili".
"L’emozione data da Shakespeare è radicalizzata nella lingua", ha concluso il regista, "Penso che il testo sia importante come punto di partenza per il film. Bisogna distillare la lingua, non distruggerla. Non ci sono altri come lui, per rilevanza e i valori perenni di cui parla. E’ difficile fare un film da Shakespeare, ma fa parte di una tradizione netta, la tradizione degli  adattamenti in tutto il mondo e io sono contento di farne parte".

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