mercoledì 19 febbraio 2014

Oscar 2014: 12 Anni Schiavo - la recensione

Il regista Steve McQueen ('Hunger', 'Shame') esplora altri territori e racconta la schiavitù negli Stati Uniti del 1840.

Solomon Northup (Ejiofor) è un musicista nero e un uomo libero che vive nello stato di New York. Persuaso con una proposta di lavoro, viene fatto ubriacare e messo in catene per essere poi venduto come schiavo nel sud del paese per lavorare nei campi. Solomon passa di padrone in padrone, dodici anni d'inferno tra lavoro duro e frustate fino all'incontro con un uomo, un canadese anti schiavismo, che lo ascolterà e lo aiuterà a tornare dalla sua famiglia.
Le didascalie finali ci raccontano il dopo, la battaglia legale persa contro gli schiavisti e la misteriosa fine.

Negli ultimi tempi il tema dello schiavismo/razzismo negli Stati Uniti è stato affrontato in diverse forme, dal biopic 'Lincoln' al pulp-western 'Django Unchained', fino al recente 'The Butler', '12 Anni Schiavo' è un altro capitolo che racconta l'orrore e la sofferenza patita dai neri d'America. La storia di Solomon Northup è vera, il film è tratto da un libro che lui stesso ha scritto per raccontare la sua incredibile storia, un uomo libero che diventa schiavo e subisce di tutto dai terribili schiavisti bianchi prima di essere liberato, uno in mezzo a tanti che invece hanno continuato a subire e soffrire.
Steve McQueen esce fuori dalle storie "intime" dei suoi primi due film e allarga gli orizzonti, lavorando molto sulle immagini, gli spazi aperti, il paesaggio, ma non rinuncia a descrivere e raccontare la mortificazione del corpo, e allora insiste sulle violenze inflitte ai personaggi del film allungando le scene. Non ci fa vedere dieci frustate ma trenta, allunga i tempi per mostrare la violenza allo spettatore con l'intento di farlo indignare davanti a quelle immagini. Una scelta che il regista aveva già fatto in 'Shame', raccontare per immagini e suggestione piuttosto che con storia e parole. McQueen è un ottimo regista, le immagini del film sono studiate, precise, belle da vedere, artistiche, riescono a dare un tocco diverso a un film che di base è solido ma molto classico nel suo svolgimento, immagini che però a volte risultano un po' troppo studiate, quasi patinate.
Nel film non mancano scene emotivamente forti, la tratta degli schiavi, l'estenuante attesa di Solomon appeso per il collo che riesce a malapena a reggersi sulle punte per non soffocare mentre intorno nessuno si preoccupa per lui perché solo il padrone può liberarlo, il gospel liberatorio, le infinite frustate contro la giovane Patsey, ma la scena che forse in pochi secondi e senza mostrare e insistere in modo estenuante racconta di più di tutte è il risveglio di Solomon in una stanza buia con il solo suono delle catene a farci capire che sta per iniziare la sua personale odissea.
Protagonista del film un bravo Chiwetel Ejiofor, attore visto come non protagonista in tanti film, peccato che il suo personaggio, nonostante sia il fulcro assoluto della storia, a volte sembra non essere poi così importante, viene lasciato lì a sperare e basta, una caratterizzazione limitata per un personaggio che avrebbe meritato maggiore interesse e un attore che ce la mette davvero tutta. Ottimo il cast di supporto. Bravo, anche se a volte un po' eccessivo, Michael Fassbender, attore feticcio di McQueen, nei panni di un odioso e perfido padrone. Bravi anche Paul Dano e Sarah Paulson. Sorprendente con un'interpretazione molto intensa l'esordiente Lupita Nyong'O. Danno un buon contributo, anche se in poco spazio, Paul GiamattiBenedict Cumberbatch, Alfre Woodard e Brad Pitt (anche produttore).

'12 Anni Schiavo' è indubbiamente un bel film, da vedere, confezionato nel miglior modo possibile, con una storia classica, solida e coinvolgente, non annoia, racconta bene l'orrore della schiavitù, è emotivamente forte ma ha il "difetto" di fermarsi titoli di coda. Mostra l'orrore, lo spettatore lo condanna, prova disgusto davanti a tanta insensata cattiveria, però lo guarda soltanto senza "viverlo", è un orrore che rimane lontano senza toccarci più di tanto. Per quanto Steve McQueen si sia impegnato nel confezionare il film nel miglior modo possibile si è perso un po' troppo nella forma dimenticando la sostanza, si è fermato agli occhi dimenticando di colpire lo spettatore al cuore.

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