venerdì 18 ottobre 2013

Oscar 2014: Gravity - la recensione

Alfonso Cuarón è un regista dalle mille abilità, ce lo ha dimostrato con ogni suo lavoro, da Y tu mamá también fino ad arrivare a Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, questa volta ha incantato il pubblico di tutto il mondo con il dramma/sci-fi Gravity, creando "il tutto nel nulla".

Non è da tutti riuscire a creare qualcosa di tanto indimenticabile quanto complesso, e Gravity in questo risulta al limite della perfezione. Cuarón è riuscito a creare sentimento, bellezza e complessità  nel luogo più vasto e "vuoto" che esista: lo spazio. Un vortice emotivo nello spazio, solo per questo il progetto merita una grande lode, perché in molti probabilmente sarebbero caduti nel banale e nel prolisso, invece lui ha studiato nei minimi dettagli ogni possibile escamotage per evitare tutto questo: due astronauti perduti nello spazio dopo un grave incidente incontrollabile, incidente che porterà ai limiti dell'animo umano, tanto complesso quanto primordiale. Nel film ci si perde nella morte ritrovando la vita. Ogni minimo particolare è inserito per enfatizzare lo stato d'animo dei protagonisti, anche i cambiamenti atmosferici che si intravedono sulla terra hanno un ruolo, la luce e la notte, le voci. Una splendida Sandra Bullock, che come ha detto qualcuno dopo la presentazione al Festival del Cinema di Venezia, "ha vinto oscar per molto meno", un George Clooney diverso dal solito, un "Virgilio dantesco" fondamentale per il vero personaggio principale: la vita.

E questa è solo una piccola parte del grande e meritato successo che Gravity ha avuto, perché grandi lodi vanno anche a Steven Price, compositore della splendida e ben scandita colonna sonora che accompagna questo estenuante viaggio ansiogeno e claustrofobico nei meandri della psiche umana, e un grande plauso anche agli sviluppatori degli effetti speciali e alle scenografie, semplicemente spaziali.Un viaggio, Gravity è un viaggio nella mente umana, nello spazio, nella psiche e nelle contraddizioni.

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